Alluminio in architettura ed edilizia
Quando Giò Ponti nel 1938 chiudeva il palazzo Montecatini a Milano con grandi finestre di alluminio da lui stesso progettate fino nei dettagli, sapeva bene perché aveva scelto il nuovo materiale.
Sapeva che non vi sarebbe mai stata corrosione; sapeva che le superfici, protette con il nuovo processo di anodizzazione esclusivo dell’alluminio, sarebbero rimaste per decine di anni lisce e argentee senza bisogno di verniciature periodiche; sapeva di aver potuto progettare le forme dei profilati in modo che la tenuta all’aria e all’acqua fossero come lui le voleva, e l’estrusore dei profilati (l’industria nazionale dell’alluminio, che allora faceva capo alla Montecatini) le aveva realizzate fedelmente secondo il suo disegno.
Negli anni non mancarono gli “oppositori”, ma fu cattivo profeta colui che all’epoca, pronosticò la fine dell’uso dell’alluminio.
Prevalse, invece, un certo buon senso popolare: le famiglie si accorsero che il costo di una finestra di alluminio si ripagava in pochi anni solo per effetto della sua buona tenuta che rimaneva stabile nel tempo; l’UNCSAAL (l’unione dei serramenti dell’alluminio) trasformò le constatazioni pratiche in dimostrazione scientifiche con documenti che provavano quanto fosse trascurabile il calore perduto attraverso la conduzione del telaio metallico, in confronto a quello risparmiato con la sua buona tenuta.
Il successo dell’alluminio non sarebbe stato così importante, se dall’utenza non fosse venuto un consenso nato dal buon comportamento nel tempo in termini di funzionalità ed economia.
I serramenti, e quindi i profilati estrusi, rappresentano almeno l’80% degli impieghi architettonici